18 aprile 2024

La "spaleta in crosta" fatta nella cucina di casa

E' una variante del prosciutto in crosta de pan triestino, fatta in casa con la zampa davanti del maiale. E Luisa Blandini ci spiega come fare.
Spaleta in crosta. "Eco ancora una foto che go prega mio nipote che me fotografi. Spaleta in crosta." La spalla è la zampa anteriore del maiale, dallo zampetto fino all'articolazione della spalla. In pratica, è l'equivalente del prosciutto, ma della zampa anteriore. (foto e testi verdi sono di Luisa Blandini).
Spaleta in crosta de pan. Nota: "lavrano" è il nome dialettale
del lauro. Da cui viene il croato Lovran per Laurana.

La spalletta di maiale affumicata fa parte della tradizione locale e inevitabilmente rimanda al "prosciutto in crosta de pan" alla triestina che di solito viene fatto con il "cotto di Praga", che è affumicato.
Tornando alla spaleta, ecco i consigli per farla come si deve: "Questa era affumicata la go cusina quanti chili che la ga tante ore con le verdure che va in brodo più lavrano rosmarin e timo, poi la go lasa' che la se rafredi go fato el paston del pan x due chili de spaleta go fato de un chilo de farina, go steso col mattarel go meso su la spaleta spenelada con ovo e un po de senape involtisa che sia tuta coperta col paston. Messo nella staniola e rosti un mezz'oretta poi go apri la staniola e lassa' che El pan prendi color."

5 aprile 2024

Il morbido kajmak, che arrivò nei Balcani al seguito dei popoli nomadi dell'Asia centrale

Le origini del bianco kajmak di Serbia si perdono nella remota Asia, tanto che Lev Tolstoj cita il kajmak in un racconto ambientato fra i Cosacchi del confine militare zarista lungo il fiume Tèrek, nel Caucaso.
Del tutto sconosciuto da noi, il kajmak è una bianca crema di latte cagliato che assomiglia al formaggio tenero, una via di mezzo fra il quark e il burro. E' piuttosto "ricottoso", cremoso, granuloso e molto, molto grasso (fino al 60% di grassi). Anche lui è stato addomesticato dall'agro-industria, ed eccolo qui, nell'angolo del barbecue di casa. Si ottiene per fermentazione acida del latte (cosa che avviene, seppur in modalità diversa anche per il Graukäse tirolese).

Il bianco kajmak in tavola con i suoi compagni di elezione: la rossa salsa
ajvar, la cipolla bianca, i verdi cetriolini in agrodolce, la pljeskavica di
carne e la 
pita balcanica, l'onnipresente pane tondo che va con tutto.


Una ciotola di kajmak spolverato di pepe nero macinato Nel cortile di ca-
sa mia assieme a pane di segale e salsiccia secca slovena (suha klobasa).
"Ben presto la ragazza e la vecchia escono dalla stalla e si avviano verso l’izbuška(*) portando entrambe due grossi recipienti pieni di latte, frutto della mungitura di quel giorno. Dal camino d’argilla dell’izbuška si leva poco dopo il fumo del kizjak(**), giacché bisogna cuocere il latte per farne del kajmak." (*) I cosacchi chiamano così («piccola capanna») la bassa e fresca rimessa dove si conservano e si fanno fermentare i prodotti del latte; (**) Il Kizjak è un combustibile ricavato dallo sterco animale essiccato. Diffuso nelle regioni con clima secco, preparato mescolando lo sterco con paglia ed essiccato al sole. (Lev Tolstòj, "I Cosacchi", Mondadori. Edizione del Kindle.
Quando non esistevano ancora i frigoriferi, il kajmak era un modo per conservare parte delle grandi quantità di latte prodotte dai contadini. La lenta ebollizione del latte di vacca veniva seguita dalla scrematura e fermentazione della panna, che proseguiva per un paio di giorni. Accompagna i piatti di carne, i salumi e altri

21 marzo 2024

La nave "Galeb", il gabbiano ambasciatore di Tito

E' stata la nave di rappresentanza del presidente jugoslavo Tito. Fino alla sua morte (nel 1980) effettuò 549 giorni di crociera, viaggiò per 86.062 miglia toccando 18 stati in tre continenti: Europa, Asia e Africa e ospitò ben 102 tra capi di stato e di governo.
Il Galeb nel 2023, nella la fase terminale dei lavori di restauro nel porto di Kraljevica, all'ingresso della Baia di Buccari. Per singolare coincidenza, il giovane attivista comunista Josip Broz "Tito" aveva lavorato nei cantieri navali di Kraljevica/Porto Re nel 1926, dove guidò uno sciopero e scrisse il suo primo articolo, che fu pubblicato nel giornale “Operai Organizzati”. I datori di lavoro volevano sbarazzarsi di lui e in ottobre lo licenziarono.
galeb
Il "Brod Mira Galeb" (Nave della Pace Gabbiano) era la residenza marit-
tima del Maresciallo Josip Broz Tito dal 1953 al 1979. Qui è ormeggia-
ta nel porto di Fiume nel 2017, in attesa del suo restauro, che é in corso.
C'é stata un'epoca in cui questo grande yacht divenne un simbolo per i popoli della ex-Jugoslavija e per le molte nazioni del movimento dei paesi non-allineati.
Tito e Churchill sul Galeb. Di spalle Jovamka, la moglie di Tito. Il leader
dei paesi "non allineati"vi ospitò i principali capi politici mondiali.
👉Il "Gabbiano" debutta nel 1953 quando risale il Tamigi per portare Tito all’incontro con il primo ministro inglese Winston Churchill, in quella che fu la prima visita di un capo di stato comunista nel Regno Unito. Poi, nel 1954 in visita in Turchia e in Grecia. Successivamente in India e Birmania sulla rotta dei Non Allineati. E poi ancora Port Said, Aden, Bombay, Vizagapatam, Calcutta, Rangoon, Madras, Cochin e ancora Port Said...
Dopo la morte di Tito, la nave effettuò il suo ultimo viaggio di stato nel 1989.
Tra gli ospiti del Galeb figurano il Presidente degli USA Kennedy, la Regina Elisabetta di Inghilterra, i leader cubani Fidel Castro e Ernesto Che Guevara, Paolo e Federica di Grecia, l’Imperatore d’Etiopia Haile Selassie, Re Hassan II del Marocco, il presidente egiziano Nasser, il libico Mu'ammar Gheddafi, i Primi Ministro indiano Nehru e Indira Gandhi, il Presidente dell’Indonesia Sukarno, il Presidente del Ghana Nkrumah, il Presidente della Tunisia Bourguiba, Sirimavo Bandaranaike di Ceylon (prima donna al mondo ad essere Primo Ministro), il Premier della Birmania U Nu, il Presidente della Guinea Sékou Touré, l’Arcivescovo di Cipro Makarios e molti fra i leader dell'Est: il romeno Nicolae Ceaușescu, i sovietici Leonid Brežnev e Nikita Kruščëv.

La lunga e complicata storia del Galeb di Tito.
Era stata varata a Genova nel 1938 col nome di "RAMB III" (Regia Azienda Monopoli Banane) destinata al trasporto veloce delle banane prodotte nella Somalia italiana.

3 marzo 2024

Le "cucize" di Cherso raccontate da chi c'era

La cuciza (kućica) è una piccola costruzione rurale in sassi usata come ricovero temporaneo. Più modesta del kažun dell'Istria del Sud-Ovest.
La cuciza dei borghi isolani è sempre povera, piccola, modesta, precaria, provvisoria. Era inserita in una economia agricola di sussistenza dove gli uomini e gli animali avevano bisogno l'uno all'altro.


Foto di Annamaria Zennaro Marsi. Come si vede non tutte le costruzioni
di servizio ai campi erano a pianta circolare e ben strutturate, come le fa-
mose casite istriane. Specialmente sulle isole erano molto più povere.
Può fungere da rifugio di fortuna anche per l’uomo, come avviene per lo stavolo della Carnia e del Cadore (dal latino stabŭlum).
E' una versione minore, più povera e precaria, della istriana casita (kazun in croato).
Una cuciza chersolina nei pressi di Vidovici (isola di Cherso, 2018). Qui
vediamo anche una doppia lessa che separava i due diversi spazi interni
destinati ad usi e animali diversi.
👉In un racconto di Annamaria Zennaro Marsi si coglie bene l'uso che ne veniva fatto in una economia agricola di sussistenza come quella dei piccoli contadini isolani. L'autrice coglie bene anche la differenza fra la cuciza agreste e il kazun contadino circolare istriano, che, stupita, descrive così: "...una specie di trullo circolare, con un buco al centro per far penetrare la luce, un’opera d’arte unica nel suo genere nelle campagne chersine".
La natura della cuciza di Cherso è riassunta in una frase: "...se non fosse stato per quella grande bocca spalancata che ne determinava l’apertura, si sarebbe potuta amalgamare e confondere con le masiere." Ma ecco tutto il

18 febbraio 2024

La dimenticata Società Alpina Carsia di Fiume

La Società Alpina Carsia è stata una associazione operaia che operò parallelamente al Club Alpino Fiumano (che era stato fondato nel 1885, cioè quando la città faceva ancora parte dell'impero austroungarico).
Uno stemma della Società Alpina Carsia (Società alpinistica "Kras") che
fu attiva a Fiume dal 1910 al 1942.
Anche la Società Alpina Carsia era stata fondata ancora prima della WW1, anch'essa quindi sotto l'Austria-Ungheria. Era una società dopolavoristica di stampo operaio e vide la luce nel 1910.
👉Si ripeteva a Fiume lo schema degli altri due poli dell'irredentismo italiano: Trento e Trieste. A Trento nel 1921 era nata la Sosat ("costola operaia" della SAT, il club alpinistico trentino) e a Trieste c'era la Società Alpina delle Giulie (con la sua costola ribelle: i Bruti della Val Rosandra).
Il Bollettino del CAI del settembre 1930 in una stringata nota riferisce
dell'avvenuto esproprio dei beni della Carsia da parte del regime fascista.
Il rifugio "Mario Angheben" alle pendici del Monte Nevoso in località
Polizza (Klanska Polka?) era stato inaugurato da poco, nel settembre
del 1929.
👉I tre club alpinistici delle tre città irredente ricevettero la investitura ufficiale del CAI italiano nel congresso del 12 gennaio 1919. In quella occasione ricevettero anche i nuovi vessilli ufficiale e il Club Alpino Fiumano divenne Sezione Fiumana del CAI italiano.
👉La Carsia venne aggregata dal regime fascista all'Opera Nazionale Dopolavoro e quindi non entrò mai a far parte ufficiale del CAF-CAI.
Tra le grandi pinete del Gorski Kotar nel giorno dell'inaugurazione (foto dal sito lokalpatrioti).
Mappa che localizza il rifugio Angheben al Pian della Secchia. Il sito croato "lokalpatrioti" ne parla come la "casa Lugar Klanska Polica. La Casa della Polizia di Klanska allora si chiamava Rifugio Mario Angheben e insieme al vicino casino di caccia semidiroccato, Polizia di Čabranska, Forestale di Ghiczy, sul territorio del Gorski Kotar, fu designata dagli italiani come Pian della Secchia" (foto e notizie dal sito lokalpatrioti)




27 gennaio 2024

Dal trattato di Rapallo (1920) al trattato di Roma (1924), sono stati 4 anni con gli squadristi in città

Per il trattato di Rapallo Fiume doveva essere uno stato a sé stante: lo "Stato Libero di Fiume". Ma i fascisti locali sabotarono le elezioni previste dal trattato stesso con il colpo di stato fascista del 3 marzo 1922. Due anni prima dell'annessione formale, che giunse nel 1924, col Trattato di Roma.
Lo stile è quello di cento anni fa ma il calendario è di oggi.
Finita l'avventura dannunziana, dopo 4 anni di polemiche e contro-polemiche fra le diverse anime dei nazionalisti, fiumani d.o.c. o "regnicoli" che fossero, il fatto compiuto dei fascisti di confine venne fatto proprio e legittimato dallo Stato italiano il 16 marzo 1924 con la formale annessione di Fiume al Regno d'Italia.
Poco prima il governo italiano aveva colto la palla al balzo con la decisione di inviare a Fiume il generale Gaetano Giardino, che dal 17 settembre 1923 divenne governatore militare con il compito di "tutelare l'ordine pubblico" dopo il golpe fascista del '22: cosa fatta capo ha, come aveva vaticinato Gabriele D'Annunzio!

👉"Lo stato italiano di fatto rese inapplicabile il trattato di Rapallo [che prevedeva la istituzione dello Stato Libero di Fiume-N.d.T.] avallando il fatto compiuto; di conseguenza italiani e jugoslavi intrapresero un'ulteriore trattativa sulle sorti di Fiume. Col Trattato di Roma, siglato il 27 gennaio 1924 veniva quindi sancita l'annessione di Fiume all'Italia e il 16 marzo il re Vittorio Emanuele III giungeva nella città. In base al trattato la città veniva assegnata all'Italia, mentre il piccolo entroterra con alcune periferie (Porto Baross, incluso nella località di Sussak e le acque del fiume Eneo, cioè l'intero alveo e il delta), venivano ceduti alla Jugoslavia; il governo dello Stato libero di Fiume considerò tale atto giuridicamente inaccettabile continuando a operare in esilio da Porto Re.

18 gennaio 2024

La ferrovia militare da Cividale a Caporetto

Ferrovia a scartamento ridotto con fini militari che venne iniziata nel 1915 e completata nel 1916. Risaliva la Valle del Natisone partendo da Cividale e si concludeva a Susida, nelle vicinanze di Caporetto.
Nei pressi di Robis, nell'alta Valle del Natisone.
Il percorso della ferrovia militare nel dopoguerra della WW1 venne esteso di altri tre chilo-
metri per arrivare fino dentro il paese di Caporetto.
Serviva a portare in prima linea i rifornimenti per le truppe che presidiavano il settore di fronte compreso fra Plezzo, Caporetto e Tolmino.
Durante la precipitosa ritirata dell'esercito italiano dopo lo sfondamento di Caporetto dell'ottobre 1917 furono le stesse truppe italiane in rotta a danneggiarla irreparabilmente per impedire che le forze tedesche potessero impossessarsene.
Il servizio fu riaperto il primo agosto del 1921, ad utilizzo anche dei civili, con le corse potenziate da due a tre giornaliere per senso di marcia. Dopo il periodo di conduzione militare, la gestione fu affidata alla società "Eredi Binetti di Cividale" che mantenne in esercizio la linea fino alla sua dismissione, che avvenne nel 1932.