26 ottobre 2012

La "bruta banda" dei diciannovisti fiumani

Dopo un secolo possiamo guardare con distacco a quei mesi del 1919 di Fiume che, infiammatasi per Gabriele D'Annunzio, mise l'Italia sulla pista di lancio del fascismo.
Il presunto "combattente" mentre si offre all'obiettivo.
All'impresa parteciparono personaggi politicamente assortiti, un melting-pot ideologico da cui il fiuto di Mussolini volle prudentemente prendere le distanze.
Gli scaldati di Fiume erano per lo più nazionalisti ma si avvalevano anche del contributo attivo di gente cresciuta nel mondo irredentista, nel reducismo di guerra e nel sindacalismo rivoluzionario, gente più incline alle emozioni più che al ragionamento.


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Tu devi sapere che sei giunto in una città pericolosa per i tuoi giovani anni. Qui si fa senza alcun ritegno tutto ciò che si vuole. Le forme di vita più basse e più elevate qui s'alternano non altrimenti che la luce e le tenebre. (Giovanni Comisso, Il porto dell'amore, Treviso, Vianello, 1924; pag. 12)

 Non ho mai visto ufficiali perdere le notti nel giocare alle carte, tutti i divertimenti erano indirizzati verso ebrezze immediate dei sensi. Durante la guerra certi nostri aviatori per sostenersi nei voli senza tregua, che avrebbero potuto addormentarli e perderli, usavano fiutare la cocaina. Alcuni di questi aviatori ne diffusero l'uso in Fiume, molti tenevano nel taschino della giubba una piccola scatola d'oro con la droga ravvivante. I miei amici la prendevano e invano volevano indurmi a provarla. Rispondevo loro che ero già in continuo stato di ebrezza. (Giovanni Comisso, Le mie stagioni, Edizioni di Treviso - Libreria Canova, 1951; pp. 73-75)

 Un giorno [Gabriele D'Annunzio] dalla finestra del suo ufficio vide gli arditi che se ne andavano a due a due presi per mano verso la collina e li indicò dicendo: «Guardate i miei soldati, se ne vanno a coppie come i soldati di Pericle» [nella seconda edizione del 1963 è riportato invece: «come la legione tebana»]. (...) A primavera faceva ogni giorno con un reparto diverso passeggiate per i monti e ritornava cantando con i soldati che tenevano rami fioriti infissi nella canna dei moschetti... (Giovanni Comisso, Le mie stagioni, Edizioni di Treviso - Libreria Canova, 1951; (pp. 77-78)

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 Questa «Disperata» fu la falange eletta dei legionarii: la guardia del corpo del Comandante: manipolo di uomini decisi, spregiudicati, violenti nell'adorazione e nell'impeto: fiore della rivolta e della libertà, passato attraverso il setaccio della guerra e degli stati d'animo, se non delle idee, rivoluzionari. Erano mastini ed erano fanciulli: sicuri come truppe di colore, consapevoli come «soldati della morte», lieti e canori come atleti in gara continua. (Mario Carli, Trillirì. Romanzo, Piacenza, Edizioni Futuriste di Poesia della Società Tipografica Editoriale Porta, 1922; pp. 174-175)

 Il popolo russo ha saputo anche difendere la sua rivoluzione, e gli eserciti di Lenin si sono battuti, spesso, vittoriosamente, contro i bianchi paladini della reazione. Assodato poi che i socialisti italiani non credono nella rivoluzione, non la vogliono e non fanno nulla per provocarla, possiamo stabilire in modo definitivo che noi legionarii non avremo mai alcun contatto, e neppure alcun cenno d'approccio, con quella ottusa cocciuta grettissima cretinissima Chiesa che è il Partito Ufficiale Socialista italiano... (Mario Carli, Con D'Annunzio a Fiume, Milano, Facchi Editore, 1920; pag. 106-107)

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 Passavano tutti per le sale del Palazzo ove il poeta accendeva, viva, avanti ai loro occhi la fittizia realtà dei sogni. I detronizzati, gli spodestati, gli esiliati, gli oppressi, venivano a quella nuova mecca, collocata sulle sponde orientali dell'Adriatico, per fiutare l'ascis di cui avevano bisogno onde affrontare ancora la vita e cancellare le vecchie, continue delusioni. (Garibaldo Marussi, Assalto al palazzo, Ancona, All'Insegna del Conero, 1940; pg. 14 e pp. 144-146)

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Léon Kochnitzky
 Fiume viveva unicamente del suo porto. Il blocco paralizza la città, l'anemia la fa morir di morte lenta. Magazzini senza traffico, mediatori senza occupazione, marinai senza imbarco, armatori rovinati, dappertutto il lavoro fermato, la penuria: la fame, la malattia all'uscio del povero, diventano alla soglia del ricco la tentazione; l'adito agli affari loschi e ai mercati non confessabili è aperto: si comincia collo speculare, poi s'inganna, si baratta, si truffa. Si deve pur vivere; e si diventa «incettatori», o meglio pescicani (Léon Kochnitzky, La Quinta Stagione o I Centauri di Fiume, Bologna, Zanichelli, 1922; pag. 35)

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La Carta del Carnaro
 Tre sono le credenze religiose collocate sopra tutte le altre nella università dei comuni giurati: la vita è bella, e degna che severamente e magnificamente la viva l'uomo rifatto intero dalla libertà; l'uomo intero è colui che sa ogni giorno inventare la sua propria virtù per ogni giorno offrire ai suoi fratelli un nuovo dono; il lavoro, anche il più umile, anche il più oscuro, se sia bene eseguito, tende alla bellezza e orna il mondo. (Articolo 14)

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Corrado Alvaro
 Dico che a Fiume in quei giorni non ci si stava bene. La città viveva solo in piazza e in qualche caffè (...). Si continuò così a incollare sulle lettere francobolli con la testa del Comandante e a vedere nei negozi fotografie delle cinque giornate, a guardare le bandiere tricolori esposte alle finestre, in un'aria di aspettazione, e ad osservare con una stanca curiosità i segni della città che divennero famosi nei giornali. (Corrado Alvaro, «Fiume 1921», in Roma vestita di nuovo, Milano, Bompiani, 1957; pp. 191-198)

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Guido Keller
 Il motto dei legionari era: ‘Me ne frego!’ ed i cuori delle fanciulle si facevano rapire. Passavano svelti sfiorando la terra – il torso nudo – le gambe nervose – cantando inghirlandati di fiori dopo il nobile esercizio delle armi. (Guido Keller, in Krimer, Incontro con Guido Keller, Mantero, 1938)

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