25 dicembre 2013

Nelle città di mare non mancavano mai: i bordelli

E Trieste non faceva eccezione. Conobbero il loro massimo splendore nel periodo a cavallo tra il primo '900 ed il secondo dopoguerra, fino all'avvento della Legge Merlin, che decretò la loro chiusura.
Bordelli a Trieste
Traggo queste informazioni dal blog triestepatoca.blogspot.it che offre
uno  spaccato delle case chiuse triestine corredato da numerose foto-
grafie, veramente illuminanti sul costume del tempo.
«La gran parte dei bordelli triestini si trovava nella zona di Cittavecchia, divisa tra il ghetto ebraico e l’area vicina al mare conosciuta come Cavana.
Ogni vicolo, ogni via da Cavana fino a sotto il colle capitolino di San Giusto ospitava uno dei 40-45 bordelli regolarmente registrati in cui almeno 250-300 prostitute che offrivano i loro servigi a qualsiasi ora.
Quelli più frequentati si trovavano in Via dell'Altana, Via del Fico, Via del Fortino,
Bordelli a Trieste
La famosa X in un cerchio nero su fondo bian-
co  e la scritta "Off limits" non era dipinta sol-
tanto all'esterno dei casini ma, con la frase
"All area out of bounds" addirittura in tutte
le vie d'accesso di Città Vecchia bassa, dove
erano localizzate  le "case". Ai militari alleati
era quindi precluso l'ingresso nei bordelli. La
micidiale  X veniva dipinta anche all'esterno
di locali pubblici  dove si  fossero verificati
degli incidenti (risse, ubriacature, ecc) con
protagonisti militari alleati.
Via delle Beccherie Vecchie ed infine Via dei Capitelli. Ma tanti altri sorgevano un po' dappertutto tra le zone di Cavana e Riborgo. Notissima perchè "sciccosa" era la "Villa Orientale", situata in via Bonomo. Grande fama tra gli anni venti e gli anni '40 riscosse la casa di tolleranza chiamata "La Francese", situata fino al 1958 in Via dei Capitelli n. 6. Un altro famoso bordello era il "Metro Cubo", situato in in Via della Pescheria al numero 7 ,  il più lurido ed infimo, e pure piccolo (da qui il nome), ma molto apprezzato dal celebre scrittore irlandese James Joyce, durante la sua permanenza a Trieste.
Quando Trieste venne occupata dalla Wehrmacht nell'atrio della stazione ferroviaria era esposto l'elenco delle case di tolleranza autorizzate; serviva soprattutto ai militari, i quali vi potevano poi accedere previo permesso rilasciato dal proprio comando. Anche sotto l'amministrazione anglo-americana le prostitute erano sempre munite di un obbligatorio salvacondotto sanitario rilasciato dalla Questura. Sempre nel periodo anglo-americano, alcuni bordelli venivano segnalati "Off Limits", tramite apposite X cerchiate dipinte sui muri vicino alle entrate di tali bordelli, proibiti alle truppe. Oltre alla "Muta", vi erano anche altre due famose prostitute, nominate la "Garibaldina" e la "Bersagliera".
Tutte e tre usavano spesso e volentieri "procacciarsi clientela", attaccando discorso all'antica "Trattoria La Grotta", e successivamente al vicino "Bar de Lucia". Il bar, situato all'angolo tra l'inizio di Via dei Capitelli, Cavana e Via delle Beccherie Vecchie, chiuse i battenti nei primi anni '80.
Qui sotto due foto dell'epoca, con i simboli "Off Limits": la prima in Via del Fortino, vicino Cavana, e la seconda in Via del Fico:Le loro vicende non denotano nessun tratto di originalità, ripetono quanto accadeva in tutte le città dell'epoca.»

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