13 novembre 2016

La meticcia borghesia italiana della Dalmazia

Nelle grandi e piccole città delle costa e delle isole gli italiani non rap-presentavano una maggioranza etnica ma una minoranza aristocratica, borghese e linguistica legata ai grandi traffici marittimi della costa.
Ottavio Missoni Dalmazia
E cosa dobbiamo pensare di Ottavio Missoni, lo stilista multicolore che
si è baloccato per anni col farlocco titolo di "sindaco della città di Zara
in esilio" scordandosi perfino d'aver rinnegato la madre slava? Qui è
ritratto con un altrettanto ridanciano Gianfranco Fini durante il gover-
no  Berlusconi II, che sposò apertamente la causa fascista.
L'altra particolarità, che i no-stalgici d'oggi tendono a di-menticare, era la loro stretta mescolanza per matrimoni e parentele alla borghesia slava che qui era molto più sviluppata e influente che in Istria.
Dalmazia fascismo
Occupazione nazifascista del 1941: a dispetto del francobollo, che allude-
va a una italianità mai esistita, la sovranità territoriale italiana era limita-
ta all'enclave di Zara: il porto, la piccola città e quasi niente nell'entroter-
ra, che invece era compattamente slavo.
👉A ricordarcelo è Enzo Bettiza, che continua con queste parole: "Mia madre, figlia di un magistrato asburgico, era slava pur parlando alla perfezione, come il nonno giudice, anche il nostro antico dialetto veneto. Parimenti la madre di Ottavio Missoni, nato a Ragusa (e oggi "italianissimo sindaco" in servizio permanente effettivo del piagnisteo dalmata della città di Zara- N.d.A.) era in realtà una nobile d'origine slava" [...] Ogni volta che m'incontro con l'amico Ottavio, parliamo per due terzi in veneto e per un terzo in croato. Con Frane Barbieri, nato a Makarska, che conosceva l'italiano ma non il dialetto veneto, parlavo invece prevalentemente in croato. Il bilinguismo era comunque uno dei nostri connotati salienti: eravamo e siamo bilingui di lingua, d'animo, di mente. La nostra italianità era, è culturale più che etnica, e quindi più che altrove è duplice e drammatica."
(Enzo Bettiza, "Esilio",  Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1996, pag 221)

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